Le vacanze per me e la mia famiglia iniziavano il 28 giugno di ogni anno. La meta era la Sardegna al paese natio di mio padre.
Il 28 di giugno i miei genitori chiudevano bottega, nel vero senso del termine in quanto avevano delle attività commerciali, e caricavano la mitica Renault 4 con imbarco immediato al porto di Genova. Ad attenderci c’era una nave della flotta Tirrenia.
Io e mio fratello eravamo eccitatissimi, non solo per le vacanze al mare ma soprattutto per le biricchinate che i nostri genitori ci permettevano di fare durante la traversata.
Si viaggiava solo con passaggio ponte, pertanto, appena imbarcati si correva a prendere i migliori posti!
I migliori erano il vano porta bagagli dove sistemavamo i nostri sacchi a pelo cioè il mio e quello di mio fratello. Mentre i miei genitori ne avevano un altro tutto per loro sistemato sul pavimento normalmente nella zona ristoro.
Io sinceramente preferivo sistemarmi nel vano porta valigie o in alternativa dietro qualche poltrona.
Una vola trovato il posto per la notte ci si metteva in coda per il self- service e anche lì era uno spasso!! Per me e mio fratello era una vera festa ed era l’unica occasione che avevamo per cenare fuori. Infatti non si usava come ora andare a mangiare la pizza o cose simili, quindi quella per noi era la sola occasione di cenare al ristorante (era un self-service ma noi facevamo finta di essere al ristorante)!
Dopo molto tempo che eravamo in coda finalmente toccava a noi! La regola era che si prendevano solo due vassoi e dividevamo in 4, è inutile dire che i miei genitori prendevano il vassoio!
Anche se c’erano tante cosine da prendere per noi il menù era fisso: una pasta al sugo e un’insalata di riso, due cotolette con patatine fritte, pane, una bottiglia d’acqua e una bottiglietta di vino per mio papà. Frutta. Il costo del vassoio era di circa 8.000 lire. Quindi un totale di 16.000 lire. Era carissimo!!!
Possiamo dire che questo era l’unico lusso della vacanza.
Dopo la cena, mio fratello spariva nella sala giochi, io giravo da sola per i diversi ponti della nave, ogni tanto facevo amicizia con altri ragazzini e ragazzine e il più delle volte raggiungevo i miei nella zona bar. Durante queste lunghe traversate ho imparato a giocare a scala 40. Non c'erano intrattenimenti, o chiaccheravi con altri o giocavi a carte o facevi il cruciverba. Basta!
Diciamo che non ho mai avuto l’abitudine ad andare a letto tardi e ciò è stato sempre il mio vantaggio durante questi viaggi per mettermi nel mio sacco a pelo e dormire immediatamente. Non mi accorgevo neanche del mare mosso forza 8. Una volta è successo! Non mi accorsi di nulla.
Mio fratello invece faceva le ore piccole…e poi l’indomani si addormentava in macchina. Diciamo che non era una grande compagnia per me in questi momenti!
Arrivati a destinazione, Porto Torres, si scendava dalla nave e ci si dirigeva in direzione della superstrada SS 131 Carlo Felice. Prima però si faceva tappa fissa al bar appena fuori dal paese. A bordo la colazione costava troppo e poi non era buona, così sosteneva mia mamma.
Me lo ricordo ancora! Era un posto anonimo, alla porta c’era una tendina di quelle scacciamosche fatta con fettucce di plastica. Dentro non c'erano clienti.
La nostra consumazione era: 3 cappuccini e 3 brioches, 1 caffè era per mio padre.
Ho sempre creduto che i papà al mattino prendono solo il caffè ma poi crescendo ho capito che non è vero!
Se la traversata era stata buona alle 8,30 eravamo in viaggio verso il sud della regione, circa 4 ore di macchina senza mai fermarsi. Non era consentito fare soste anche perché non esistevano né punti ristoro né piazzole di sosta. Se avevi qualche bisogno te lo tenevi!
A metà mattina se avevamo fame mia mamma prontamente tirava fuori dei toast fatti il giorno prima appositamente per il viaggio, mio fratello si beveva la fanta, calda ovviamente, ed io non bevevo niente per paura di soffrire l’auto.
Un caldo allucinante pervadeva tutto l’abitacolo della nostra auto, la Renault 4 aveva dei finestrini stranissimi non con la manovella, si spostavano solo in avanti e indietro, aria ne entrava poca.
Finalmente intravediamo il mare! Ci siamo quasi!
Ancora pochi chilometri, entriamo in paese che a quell’ora è già deserto!
Imbocchiamo la strada di casa, parcheggiamo e scendiamo.
La porta è chiusa!
Mio padre bussa ripetutamente chiamando sua madre: “mamma, mamma…” finalmente sentiamo i giri di chiave ed esce una donnina piccola piccola capelli bianchi raccolti vestita tutta di nero con il fazzoletto nero in testa. Mia nonna Grazietta era del 1902, negli anni 80 aveva già qualche Natale alle spalle, abbraccia suo figlio, mio padre, il più piccolo di 9 figli.
Mio padre in dialetto le dice “mamma hai visto? Anche quest’anno festeggio il mio onomastico qui a casa!” Anche quell’anno il 29 giugno eravamo arrivati nel paese natio di mio padre.
Mio padre si chiama Pietro.